Prendi un sentimento come la rabbia e ingrandiscilo fino a fagocitare ogni traccia nel tuo campo visivo. Aumentane l’area come la pupilla che si dilata sotto rilascio di dopamina. Aumentane il volume come l’aria che si espande a otto chilometri al secondo dopo un’esplosione. Quel sentimento diventa la tua ragione di vita, l’odore dei tuoi vestiti, l’espressione contratta del tuo viso mentre con la mano ti reggi alla maniglia sudicia nella metropolitana, infine diventa la velata impressione che il mondo non ti voglia, la sensazione di non appartenere. Non eravamo cattivi, eravamo soltanto stanchi.